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Il bambino nell’adulto

Il bambino nell’adulto

Il “bambino nell’adulto” è uno dei temi che ci chiede costantemente confronto nel lavoro psicoterapeutico.

Con tutti i notevoli sforzi compiuti per diventare adulti, può rappresentare una vera sorpresa sapere che, nelle pieghe della nostra memoria, abitano ancora un adolescente confuso, un bambino arrabbiato o geloso, un neonato affamato.

La versione di tutte le persone che siamo state, allora, sembra non lasciarci mai del tutto e, queste parti di noi, si aggiungono nel corso della vita, come gli anelli di un vecchio albero che si stratificano intorno al midollo.

Teorie psicologiche

Secondo alcune teorie psicologiche, in alcuni momenti del ciclo di vita, a livello intrapersonale profondo, qualcuno di questi nostri bambini interiori sta probabilmente facendo i conti con un dolore che non sa come gestire, con una perdita per cui non sa chi incolpare, si sente solo, angosciato o prova vergogna.

In questi casi, è probabile che non vi siano state, al tempo, le condizioni necessarie per prendersi cura del bambino reale, inoltre in alcune culture familiari, non c’è l’abitudine ad ascoltare le opinioni e le emozioni dei bambini o a chiedere loro come stanno. E questo ci abitua a non essere assertivi rispetto ai nostri bisogni.

Spesso “il bambino nell’adulto”, si manifesta in modo inconsueto ma, il non essere stato ascoltato a sufficienza o l’essere stato messo da parte, oppure aver ignorato il suo pianto, sono tuttavia aspetti ancora ampiamente presenti in noi che costituiscono parti della nostra identità e trovano, in alcune circostanze, una via per esprimersi con sfumature più esplicite.

Facciamo allora continuamente i conti con nodi indesiderati e irrequieti che non sono stati capiti o placati e, il loro non essere stati sciolti con completezza, talvolta può creare interferenze con il corso delle nostre vite adulte.
Durante l’infanzia infatti, sono le figure primarie a svolgere la funzione di accudimento, ma può capitare che le aspettative, per le ragioni più diverse, possano rimanere disattese.

Nel lavoro di terapia, è attraverso un lungo dialogo con la persona che i peculiari affanni del “bambino nell’adulto” chiedono di essere leniti e, quando nel tempo, questo incontro inedito avviene. Non si sa precisamente quanto tempo sia necessario affinchè questo avvenga, ma quando succede porta con sé una forte capacità liberatoria, in grado di avviare verso nuove aperture evolutive e di più ampio respiro.

Personaggi interni

Accostandosi alle preoccupazioni di questi nostri personaggi interni e, recuperando tutte le nostre competenze emotive, come gentilezza, capacità di rassicurare, empatia, compassione, generosità, calore, possiamo compensare uno stato di cose in difficoltà, accudendo noi stessi, il bambino che siamo stati.

Questo viaggio di ricerca e cura può essere però difficile e comportare l’attivazione di potenti resistenze, poiché significa guardare indietro, ad esperienze dell’infanzia talvolta molto dolorose. È necessario un diligente lavoro di vicinanza e supporto nel fare ingresso dentro il dolore emotivo che, a suo tempo, non è stato mitigato. Il dialogo psicoterapeutico allora, ci orienta verso la sintonizzazione con la dimensione infantile che ha sentito di non essere stata ascoltata, per essere così vista, accolta ed integrata nella propria storia personale. Seguendo questo pensiero, può tornare alla mente un’antica arte orientale, per cui, il vasellame rotto viene riparato riunendo i cocci con un collante di origine naturale insieme a oro liquido.

L’oggetto viene così, non solo accomodato, ma anche impreziosito.

Da questa maestria, potremmo allora essere invitati a pensare che, quando nel corso della vita, ci troviamo ad affrontare una spaccatura, un dolore, una speranza disattesa, questi eventi possono provocare sì ferite profondissime dentro di noi, ma se benevolmente “riparate”, possono essere elaborate ed integrate senza nascondimenti nelle nostre storie personali. Non si tratta di un cambiamento esaustivo, bensì di una trasformazione in cui le nostre parti “vecchie e malconce”, vengono indossate come un nuovo e prezioso abito sartoriale.

Il lavoro psicoterapeutico, come questa antica arte giapponese, non è orientato a cancellare, per di più immediatamente, il sintomo, ma a comprendere il suo significato profondo e a rimettere insieme i cocci delle nostre vite per saperli vestire nuovamente. Il nuovo stato equilibro, non ci restituisce identici a come eravamo, ma trasformati in seguito ad un profondo lavoro verso comprensione e consapevolezza.

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