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Gli stati depressivi: come riconoscerli e affrontarli.

Gli stati depressivi: come riconoscerli e affrontarli.

Gli stati depressivi

I disturbi dell’umore sono molto diffusi, sono spesso gravi e difficili da diagnosticare perché possono mostrare manifestazioni molto sfumate, perciò è preferibile parlere di stati depressivi.

Non esiste quindi la depressione, ma le depressioni le quali, assumono forme differenti a seconda delle dinamiche delle personalità in cui si manifestano, mostrando inoltre delle oscillazioni dell’umore anziché un’unica variazione di esso.

Possono riguardare ogni strato sociale e tutte le fasi della vita, presentandosi in modo molto variegato allora, non solo in età adulta, ma anche in età evolutiva e senilità.
È più frequente però, che la persona descriva una depressione continua, piuttosto che delle oscillazioni, perché la caduta del tono dell’umore, rappresenta il sintomo più intenso.

La nostra affettività è costituita da emozioni, sentimenti e umore che, pur rappresentando esperienze psichiche fra loro differenti, sono inscindibili. Insieme compongono la lente attraverso cui vediamo il mondo e con la quale gli attribuiamo un significato.

Negli stati depressivi e, in generale, in tutti i disturbi dell’umore, tutta l’affettività è alterata, quindi anche la visione di noi stessi e del mondo.
Questo presupposto va sempre tenuto presente per comprendere realmente il disagio psichico di chi chiede aiuto.

Così come è necessario porre attenzione alle forme di somatizzazione portate dalle persone dal momento che molte, possono rappresentare degli equivalenti depressivi, quindi indicatori di quelle che vengono chiamate depressioni mascherate.

Disturbi dell’affettività

Nell’insorgenza dei disturbi dell’affettività in generale e, dei disturbi depressivi in particolare, i dati attuali riconoscono un’influenza da parte di fattori genetici e biologici, e di fattori ambientali.
Nel 2003, Charles Nemeroff mostra come, nei disturbi depressivi bipolari, l’eziologia possa essere ricondotta ad una percentuale del 40% di fattori biologici e del 60% di fattori ambientali stressanti.

L’evento stressante può non essere importante in sé per ciò che vale obbiettivamente, ma è il significato psicologico che ad esso è attribuito ad essere centrale nell’insorgenza della depressione.
Sembra allora che i fattori genetici abbiano un valore sostanziale ma non decisivo, mentre sia predittiva di un quadro orientato in senso depressivo, la presenza di eventi stressanti recenti.

L’interazione di questi fattori non è difficile da sostenere grazie alle moderne concezioni sulla neuroplasticità dei tessuti cerebrali.
Il cervello, infatti, non è più considerato un sistema statico, ma è visto come un insieme di reti neurali dinamiche e plasmabili.

Plasticità è la possibilità che si creino nuove interazioni, nuove sinapsi, nuove connessioni neurali all’interno del tessuto nervoso.

Le neuroscienze

Le neuroscienze ci dicono che esistono delle modificazioni migliorative, sia strutturali che funzionali, delle reti neurali attraverso la sinergia di terapia farmacologica e psicoterapia.
In proposito, Eric Kandel sostiene come i farmaci possano avere un effetto psicologico, e la psicoterapia, normalizzando il metabolismo cerebrale della serotonina in modo analogo ai farmaci, possa avere un effetto farmacologico.

Gli studi sui tessuti dimostrano che questi, vengono attivati da processi di apprendimento e, la psicoterapia, essendo una forma di conoscenza, rappresenta un processo di apprendimento, in grado nel tempo, di modificare le reti sinaptiche di chi vi si sottopone.

D’altro canto, ciò vale anche per schemi disfunzionali di apprendimento. Eventi stressanti ripetuti modificano le connessioni neurali, ovvero, un input psichico negativo, ripetuto e sempre con uguale schema, è ugualmente in grado di generare tessuto nervoso.

I traumi infantili

I traumi infantili hanno enorme rilevanza nella storia di una persona con umore depresso.

La melanconia, allora, nella sua varietà di manifestazioni, è un fenomeno fortemente umano che tenta di comunicare significati profondi. Da qui la necessità, da parte di chi è spettatore, di cogliere empaticamente il valore del sintomo della persona che ne fa esperienza.

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